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Dott. Piernicola Dimopoulos

Piernicola_Dimopoulos Ortopedico-Cagliari

Specialista in Ortopedia e Traumatologia

La buona notizia è che l’artrosi avanzata della spalla – caratterizzata dalla compromissione sia funzionale che dolorosa dell’articolazione – può essere trattata, garantendo una migliore qualità della vita ai pazienti che ne sono affetti

 

La soluzione è rappresentata dalla protesi inversa: una protesi di spalla
“inserita al contrario”, in cui la parte concava viene adattata all’omero mentre la parte sferica costituisce l’impianto scapolare, contrariamente a quanto avviene nell’Anatomia Umana.
È necessario mettere in conto un certo impegno chirurgico – spiega il dott. Piernicola Dimopoulos, medico chirurgo specialista in ortopedia e traumatologia – in precedenza si trattava di un intervento da riservare al paziente con basse richieste funzionali e di età avanzata. Oggi, grazie all’evoluzione di tecniche e materiali, l’indicazione è stata estesa, anche perchè sono migliorate le acquisizioni e si è capito sempre più quale sia il giusto compromesso da raggiungere tra l’anatomia e la funzione. È stato necessario tanto lavoro per migliorare, ma rispetto alle origini oggi abbiamo raggiunto un buon livello di affidabilità degli impianti. È una conquista importante perché spesso rappresenta l’unica risposta da dare a un paziente, che in alternativa dovrebbe convivere con un decadimento importante della qualità della propria vita”.
Nell’artrosi della spalla la cartilagine che ricopre i capi articolari degenera e tende progressivamente ad assottigliarsi fino ad arrivare alla sua totale erosione: un processo che porta allo “sfregamento” delle ossa che compongono l’articolazione scapolo-omerale. Il contatto tra le superfici ossee stimola la formazione di osteofiti e la conseguente progressiva limitazione del movimento dell’articolazione. Ma la questione è, in questo caso, ancora più spinosa. Affrontare il problema della grave artrosi della spalla, infatti, non è semplice perché complessa è l’articolazione scapolo-omerale, la più mobile del nostro corpo, con una congruenza minima tra i capi articolari della testa omerale e della glena scapolare. La spalla, come unità funzionale, non è solo composta dallo “snodo” tra omero e scapola, ma è il risultato dell’armonia di movimento di 5 articolazioni, ed anche la semplificazione più estrema non può prescindere dall’azione combinata della scapolo omerale e della scapolo toracica. Addentriamoci nell’anatomia, nella fisiologia, nella cinematica dell’articolazione.

Come si realizza il movimento della spalla? 

“Tutto è dato da una complessa armonia, sintesi del movimento delle parti ossee, delle tensioni di capsula e legamenti e dalle azioni dei muscoli come elementi di azione e stabilizzazione. Nel processo degenerativo dell’artrosi sono coinvolti tutti questi fattori: cartilagine, ossa, legamenti, capsula, tendini – dice il dott. Dimopoulos – Pensare alla ricostruzione delle sole superfici articolari a volte non basta; non è sufficiente rivestire o sostituire la “sfera” o la “coppa”, la superficie omerale e quella scapolare, perchè tutti gli altri apparati sono compromessi”.

In questi casi la soluzione rappresentata dalla protesi inversa consente di recuperare funzionalità là dove l’anatomia e la fisiologia sono andate irrimediabilmente compromesse: in pratica essa costituisce un fulcro meccanico tra le due superfici (la sfera di metallo fissata alla glenoide e la coppa di polietilene posta all’estremità superiore dell’omero) ed in questo modo, il movimento avviene con un’azione più elementare, dove è possibile sfruttare i muscoli residui: quello che rimane della cuffia dei rotatori e soprattutto deltoide, pettorale e gran dorsale.

La protesi inversa costituisce quindi una risposta su due livelli strettamente legati: sul piano del movimento, assicurando miglioriperformance a una spalla pesantemente compromessa; sul piano del dolore perché quasi sempre si tratta di articolazioni che hanno un movimento oltre che ridotto assai doloroso, con frequente persistenza del dolore anche durante il riposo.

“Tutto è dato da una complessa armonia, sintesi del movimento delle parti ossee, delle tensioni di capsula e legamenti e dalle azioni dei muscoli come elementi di azione e stabilizzazione. Nel processo degenerativo dell’artrosi sono coinvolti tutti questi fattori: cartilagine, ossa, legamenti, capsula, tendini – dice il dott. Dimopoulos – Pensare alla ricostruzione delle sole superfici articolari a volte non basta; non è sufficiente rivestire o sostituire la “sfera” o la “coppa”, la superficie omerale e quella scapolare, perchè tutti gli altri apparati sono compromessi”.

In questi casi la soluzione rappresentata dalla protesi inversa consente di recuperare funzionalità là dove l’anatomia e la fisiologia sono andate irrimediabilmente compromesse: in pratica essa costituisce un fulcro meccanico tra le due superfici (la sfera di metallo fissata alla glenoide e la coppa di polietilene posta all’estremità superiore dell’omero) ed in questo modo, il movimento avviene con un’azione più elementare, dove è possibile sfruttare i muscoli residui: quello che rimane della cuffia dei rotatori e soprattutto deltoide, pettorale e gran dorsale.

 

 

 

La protesi inversa costituisce quindi una risposta su due livelli strettamente legati: sul piano del movimento, assicurando miglioriperformance a una spalla pesantemente compromessa; sul piano del dolore perché quasi sempre si tratta di articolazioni che hanno un movimento oltre che ridotto assai doloroso, con frequente persistenza del dolore anche durante il riposo.

Dott. Piernicola Dimopoulos
Medico Chirurgo
Specialista in Ortopedia e Traumatologia

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