Dalla depressione si può guarire
Il primo scoglio da superare, per chi si sente travolgere dalla sofferenza
è capire che si tratta di una malattia, da affrontare tempestivamente, senza sensi di colpa nè pregiudizi
[dropcap]S[/dropcap]arà perché, quando la tempesta arriva, spesso coglie impreparati. Sarà perché i segnali del disagio vengono il più delle volte trascurati, sottovalutati, accantonati. Sta di fatto che il ‘male oscuro’ continua ad avere un impatto sociale devastante. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2001 la depressione si trovava al quarto posto nella graduatoria delle malattie causa di invalidità e si prevede che, entro il 2020, raggiungerà la seconda posizione dietro le patologie cardiovascolari. Labilità genetica, predisposizione biologica, dinamiche psicologiche sono i principali fattori di rischio. Un disturbo che, nel nostro Paese, riguarda circa un milione e mezzo di persone, soprattutto anziani e donne. In assenza di trattamenti, la depressione può avere intensità e decorso differenti. In pratica, tanto più difficile e lungo sarà il percorso verso la guarigione quanto più tardi e con poca convinzione ci si affida alle cure di uno specialista. Quando si accende la spia, cioè quando compaiono i sintomi, è importante dunque sforzarsi di chiedere aiuto. I segnali da non trascurare sono diversi: rallentamento delle funzioni psicomotorie, stanchezza fisica e mentale, disturbi del sonno, pessimismo, irritabilità, inappetenza, stati d’ansia. Se il malessere non accenna a diminuire, o è sproporzionato rispetto agli eventi che lo hanno scatenato (se ce ne sono di specifici), vuol dire che la depressione ha messo radici. Ma non si tratta di una condizione ineludibile. La malattia può essere vinta. Dalla depressione, se puntualmente diagnosticata ed efficacemente trattata, si può guarire. Il trattamento consiste nell’utilizzo di farmaci e nel supporto psicoterapeutico. Nella maggior parte dei casi i primi risultati, legati alla diminuzione dei sintomi e al miglioramento della qualità della vita della persona, arrivano dopo pochi mesi di cura. Ma non bisogna mollare: l’interruzione precoce del trattamento, prima della remissione, aumenta infatti il rischio di pericolose e frequenti ricadute”.