L’artrosi non si cura con Google
L’importanza della diagnosi clinica e strumentale
Alla voce cure e farmaci contro l’artrosi, il numero delle pagine web proposte dai motori di ricerca in rete schizza alle stelle, anche in considerazione del fatto che la patologia – una delle cause più comuni dei dolori articolari – è molto diffusa e a soffrirne sono oltre 4 milioni di italiani (il 50% degli over 60), dati ampiamente sottostimati, con notevoli costi sociali per cure e giorni di malattia ed inabilità Ma affidare la propria salute al “fai da te” o al “dottor Google”, è l’errore che ha come unico risultato quello di ritardare, o non ottenere il buon esito delle cure: “Perché funzioni, qualsiasi terapia deve essere decisa dallo specialista con la preziosa collaborazione del Medico di Medicina Generale” spiega il dottor Marco Conte, responsabile dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia dello Sport presso il Policlinico Città di Quartu in via Silesu, che esclude qualsiasi beneficio di alcuni farmaci e altrettante miracolose terapie propinate on line, privi di ogni evidenza scientifica e filtro.
COS’È L’OSTEOARTROSI?
Si tratta di una malattia degenerativa, progressiva, infiammatoria cronica, che può colpire tutte le articolazioni, in particolar modo quelle sottoposte a carico: coxo-femorali, ginocchia, rachide lombosacrale e tibiotarsiche. Sebbene possa insorgere anche in soggetti giovani, soprattutto in seguito a traumi, la frequenza della malattia aumenta significativamente con l’età ed in particolare nelle donne. L’artrosi colpisce la cartilagine, il cuscinetto naturale che separa i capi ossei assicurando che il movimento articolare avvenga in maniera fluida e senza attrito. Quando la cartilagine si deteriora, la nostra capacità di eseguire movimenti, anche i più banali, può essere compromessa e possono manifestarsi dolori articolari di varia intensità e frequenza.
LA PREVENZIONE
È fondamentale e passa attraverso alcuni accorgimenti legati ad un più corretto stile di vita: “È fondamentale tenere sotto controllo il peso corporeo e praticare attività fisica non usurante – spiega il dottor Marco Conte – un fitness moderato ha effetti trofici sulla cartilagine; lo sport agonistico è un po’ più usurante a seconda del livello e del grado di impegno: è un luogo comune quello che insiste sull’abbandono della pratica sportiva all’insorgere dei problemi articolari. È anche utile trattare i malallineamenti articolari con interventi correttivi qualora fosse necessario”. Due le principali classificazioni dell’osteoartrosi, che può essere definita primitiva o secondaria, a seconda che sia determinata da fattori generali, genetici, ormonali e dal processo di invecchiamento (artrosi primitiva) o legata a fattori locali come il sovraccarico sulle articolazioni, le lesioni legamentose singole o combinate, post-traumatiche (infortuni e incidenti), le infezioni e i tumori (artrosi secondaria). Possiamo comunque parlare di eziopatogenesi multifattoriale. I sintomi sono noti: dolore che si avverte a riposo anche senza un trauma scatenante che peggiora con il tempo; tumefazione articolare, rigidità, limitazione funzionale progressiva, insorgenza in alcuni casi di deformità articolare.
L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE
Per avere una diagnosi di osteoartrosi è necessario sottoporsi a una visita con uno specialista, anche su suggerimento del Medico di Medicina Generale. Lo specialista ricostruirà la storia clinica del paziente ricca di informazioni, osserverà il paziente come cammina, come si spoglia; valuterà la mobilità arti- colare, la stabilità legamentosa e la forza muscolare attraverso l’esecuzione di semplici movimenti e test; si noterà anche la presenza di eventuali tumefazioni a livello locale. I primi esami da richiedere sono quelli radiografici con proiezioni standard e specifiche per ogni articolazione: sarà possibile capire con precisione l’entità del problema articolare, stadiare la malattia e studiare le eventuali deformità o difetti ossei. In casi particolari, lo specialista potrà prescrivere una TAC o una Risonanza Magnetica se, in caso di intervento chirurgico, dovesse risultare necessario capire su quale osso impiantare le componenti protesiche per eventuali difetti o scarsa qualità del bone stock.
LE TERAPIE CONTRO L’OSTEOPOROSI
Il primo approccio suggerisce un trattamento di tipo conservativo e multimodale, sempre che la patologia non sia ad uno stadio avanzato tale da richiedere subito l’indicazione chirurgica. Il dottor Conte lo ribadisce: “Bisogna fare attività fisica moderata, controllare il peso ponderale, potenziare la muscolatura, contrastare gli effetti dell’invecchia- mento, fare impacchi di ghiaccio in modi consoni, per ridurre il dolore, il gonfiore e l’infiammazione dovuta all’artrosi. Può essere utile avviare un percorso di fisioterapia per migliorare la funzionalità dell’articolazione e delle strutture muscolari e fare ricorso a cure termali”. Il trattamento farmacologico è altrettanto importante: dal paracetamolo a FANS, i COXIB e oppioidi per la gestione del dolore severo e dell’infiammazione. A questi possiamo associare i condroprotettori. Alcuni farmaci possono essere somministrati in associazione, ognuno con un target diverso e ben preciso. Le infiltrazioni di cortisone (antinfiammatorio) e acido ialuronico (che stimola la cartilagine e lubrifica l’articolazione) sono un’altra opzione da sfruttare in alcune situazioni, ma non come unico rimedio.
PROCEDURA CHIRURGICA
Quando fallisce una terapia conservativa basata sulla EBM, per un periodo continuativo di almeno 4-6 mesi, allora lo specialista può suggerire il ricorso al trattamentogliono o non possono sottoporsi all’intervento di protesi”. In caso di compromissione importante dell’articolazione, la soluzione è data dal posizionamento di protesi di ultima generazione, all’avanguardia nel design e nei materiali utilizzati. Si tratta di un intervento risolutivo, che può essere affrontato a qualsiasi età l’artrosi aggredisca l’articolazione in maniera grave. Lo scopo è quello di togliere il dolore e migliorare la funzione e ridare una qualità di vita decorosa al paziente.

Unità di Ortopedia e Traumatogia
dello Sport Policlinico Città di Quartu
Dott. Marco Conte con i suoi collaboratori:
Dott. Giuseppe Marongiu,
Dott. Vincenzo Verderosa,
Dott.ssa Barbara Melis
e Dott.ssa Valentina Marcialis
Il dottor Marco Conte racconta gli sviluppi del trattamento ortopedico: “La protesi non è più un tabù: è possibile farvi ricorso anche in età non avanzata, se è la scelta terapeutica che risolve il problema. Lo si può fare con la consapevolezza che le protesi moderne hanno una durata di almeno 15/20 anni e consentono di ritornare alla propria vita senza più dolore e difficoltà di movimento. Molti progressi sono stati fatti dagli anni ‘80 quando sono state posizionate in Sardegna le prime protesi e quando si diceva al paziente di aspettare almeno sino a 70 anni prima di fare la protesi. Oggi non è più così visti i risultati positivi in oltre il 90% dei casi e la possibilità di eseguire interventi di revisione. Certo esistono dei rischi che vanno valutati e discussi con il paziente, così come la possibilità che persistano dolori residui senza cause apparenti, ma i rischi della immobilità sono ben più frequenti. Fondamentale è l’ottimizzazione dello stato di salute pre-operatorio, spesso trascurato dal paziente, ed i controlli clinici e radiografici programmati al follow- up. La collaborazione con il Medico di Medicina Generale e la compliance del paziente sono fondamentali per ottimizzare i risultati. Seguiamo i protocolli moderni nella gestione del dolore e dei sanguinamenti, che hanno abbattuto il ricorso alle trasfusioni, così come non utilizziamo più i drenaggi articolari. Il protocollo di recupero accelerato, fast track, assicura anche un recupero velocissimo rispetto ai tempi del passato: i pazienti vengono messi in piedi subito il giorno dell’intervento o il giorno dopo con carico totale. Ci dispiace invece vedere ancora oggi pazienti che si sottopongono a calvari o inutili frustrazioni con lunghi periodi di terapia privi di efficacia a cui magari viene sconsigliata la protesi e consigliato di accettare una severa invalidità, come ci capita di osservare spesso in artrosi severe di spalla o postumi di frattura omero. Perché? Ed ancor di più dispiace sapere che diversi pazienti si rivolgono per le cure fuori Sardegna, quando nella nostra Regione abbiamo degli ottimi professionisti in grado di eseguire questi banali interventi”.
SPOSIAMO TUTTI I NOSTRI PAZIENTI
La motivazione del paziente è, infine, la variabile in grado di garantire un recupero ancora più rapido. Fondamentale per il successo è l’approccio multidisciplinare e seguire i pazienti nel tempo : “Con il mio TEAM facciamo riferimento ad uno slogan che sta alla base della nostra filosofia di lavoro: sposiamo tutti i nostri pazienti significa che seguiamo il paziente nelle diverse fasi del percorso, dall’ambulatorio al momento della diagnosi sino al processo di recupero passando attraverso la migliore scelta del trattamento terapeutico, sulla base delle esigenze delle persone che alla nostra équipe si rivolgono. Siamo come dei Direttori di Orchestra in cui ogni musicista, strumento ed esecuzione è fondamentale ed in cui il paziente è il primo violino”
Dott. Marco Conte
Ortopedico
Quartu Sant’Elena, presso il Policlinico Città di Quartu in Via Silesu